Malattie autoimmuni e nutrizione clinica

Malattie autoimmuni e nutrizione clinica

autoimmuni
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Per le malattie autoimmuni la nutrizione clinica adotta strategie alimentari idonee a contenere la reazione infiammatoria cronica. Si chiamano malattie autoimmuni quelle denotate dalla produzione di anticorpi contro lo stesso organismo affetto dalla malattia. Sono considerate autoimmuni malattie come la psoriasi, artrite reumatoide, polimialgia reumatica, fibromialgia, tiroidite e molte infiammazioni croniche. Nelle malattie autoimmuni l’infiammazione cronica è associata a un’alterazione neuroendocrina che impedisce il suo estinguersi. Un deficit nella risposta dell’asse immunoendocrino determina la difficoltà a ridurre l’attività infiammatoria in corso. Test di stimolazione mediante ACTH producono in questi pazienti una risposta molto attenuata nel rilascio di cortisolo evidenziando l’ipofunzionalità dell’asse HPA. La condizione è complessa perché oltre l’insufficienza della secrezione del cortisolo come risposta a stressors si evidenzia anche un’inerzia nel ripristino dei suoi livelli basali. Questa caratteristica è denominata perdita della ritmicità circadiana dell’asse neuroimmunoendocrino. L’alterazione dell’asse HPA è interconnessa inoltre anche con il sistema nervoso simpatico. Le malattie autoimmuni sono quindi caratterizzate, indipendentemente dalla causa scatenante dello stato infiammatorio, dall’inadeguatezza della reazione neuroimmunoendocrina a contenere ed eventualmente estinguere la flogosi, con la conseguenza di giungere al danno dei tessuti sani. Precisi marcatori somatici delle malattie auotimmuni, ovvero gli autoanticorpi, sono dosabili e ne facilitano la diagnosi. I pazienti con malattie auotimuni evidenziano però anche un quadro emozionale spesso coincidente con la loro condizione somatica. Questi pazienti sul piano emotivo non sono spesso in grado di aggredire i loro consimili per difendere se stessi e i propri interessi. I pazienti con malattie emotivamente si trovano emotivamente predisposti a comportamenti lesivi del proprio interesse o benessere. La terapia convenzionale delle malattie autoimmuni consiste nella somministrazione farmacologica a seconda della gravità di antinfiammatori, cortisonici e immunodepressori. Da valutare in alcune malattie autoimmune è il ricorso alla psicoterapia. La nutrizione clinica può invece essere impegnata per limitare il danno prodotto dall’infiammazione cronica con strategie alimentari atte ad abbassarla progressivamente. In tale contesto è necessario anche contrastare l’acidosi associata all’infiammazione cronica.

Le abitudini alimentari interferiscono in modo significativo con il corretto equilibrio del cortisolo. Stress e nutrizione inadeguata comportano, infatti, una disregolazione anche del ritmo circadiano dei glucocorticoidi. Il cortisolo dovrebbe esprimere la sua acrofase circadiana intorno alle nove del mattino e la sua batifase circadiana a mezzanotte. Alla presenza di stress sia endogeno, sia esogeno e a ritmi alimentari non coerenti, si assiste a un’alterazione dell’asse HPA. Questa è caratterizzata da perdita d’equilibrio tra gli ormoni CRH, ACTH e cortisolo. Gli effetti negativi di una circadianità perduta cortisolo e delle alterate retroazioni ormonali comportano tra oltre altre infauste conseguenze un’interferenza con l’equilibrio ormonale e l’alterazione della corretta risposta immunitaria. La nutrizione clinica coerente alle retroazioni ormonali indicate, oltre a comportare un efficiente processo digestivo determina anche una migliore risposta immunitaria. Tale condizione corrisponde per il paziente con malattie autoimmuni a un equilibrio più favorevole sul piano immunitario. Il paziente alimentato con una sequenza nutrizionale, corretta da rapporti glicemici commisurati alla circadianità del cortisolo e soprattutto conservanti la massa magra, è contenuto nella risposta autoimmune. La nutrizione e le malattie autoimmuni sono interconnessi da precisi rapporti ormonali, biochimici e metabolici. La nutrizione clinica può interferire favorevolmente su tali rapporti tramite feedback ormonali, contribuendo a migliore gestione delle malattie autoimmuni.

La nutrizione clinica oltre a rappresentare un presidio per la terapia è anche uno strumento di prevenzione importante. La nutrizione e la cura sono interconnessi da precisi rapporti ormonali, biochimici e metabolici. Il trattamento tramite nutrizione clinica è integrativo di altri strumenti di terapia. La nutrizione clinica richiede, esami strumentali, valutazione dei sintomi e delle cause, diagnosi, conoscenza dei rimedi adatti al paziente, conoscenza di tutte le altre forme di terapia per la quali la nutrizione clinica possa costituire alternativa o integrazione. Pertanto somministrare nutrizione clinica è atto medico e deve essere esercitata da un medico competente. Per la nutrizione clinica si consiglia di rivolgersi a un medico che operi solo tramite la verifica strumentale delle sequenze nutrizionali e delle terapie associate proposte al paziente. Sequenze nutrizionali basate solo sull’esperienza del medico, senza verifica strumentale della composizione corporea e degli altri parametri sono caratterizzate da imperfezioni metodologiche non necessarie. Il trattamento in nutrizione clinica del paziente non si contrappone ne sostituisce le linee guida della medicina convenzionale. Al contrario la nutrizione clinica stabilisce con esse una virtuosa collaborazione e una straordinaria opportunità anche a livello di prevenzione.

Dott. Fabio Farello, Roma

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